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Focus on: Coronavirus e animali

I Coronavirus non sono una novità in natura, esistono da tempo in numerose varianti capaci di infettare mammiferi o uccelli e sono responsabili di forme cliniche sia nell’uomo che negli animali. Ogni specie ha il suo poiché le proteine di superficie che rivestono la “capsula esterna” del virus devono essere compatibili con i recettori dell’organismo bersaglio con un meccanismo chiave-serratura.

Nei volatili quello di maggior rilievo è responsabile della BronchiteInfettiva Aviare (IBV). Nei vitelli causa diarrea, nei bovini adulti, suini e cani dissenteria e infezioni respiratorie. Nel gatto il coronavirus determina patologie intestinali e una patologia fatale: la Peritonite Infettiva felina (FIP). Nell’essere umano normalmente determina raffreddore. Ma come dicevo ogni specie ha il “suo” virus perciò non esiste la possibilità di contagio crociato con i nostri animali domestici.

Lo studio del Coronavirus (conosciuto oggi come Wuhan novel Coronavirus o n-CoV 2019) lascia ancora molti dubbi sull’origine dell’epidemia. Per quello che ne sappiamo oggi la sua genesi è da attribuire all’evoluzione virale a partire da coronavirus presenti in serbatoi animali, soprattutto selvatici, tra cui particolare ruolo avrebbero diverse specie di pipistrelli, con un passaggio diretto all’uomo (a oggi non dimostrato) o mediato attraverso altre specie animali, che funzionerebbero da amplificatori virali. Come è già accaduto nel 2002 con il coronavirus della sindrome respiratoria acuta grave (SARS-CoV, betacoronavirus) passato dal pipistrello allo zibetto e poi all’uomo; e il coronavirus della sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS-CoV, betacoronavirus) del 2012 i cui ospiti intermedi furono  i cammelli/dromedari.

Il concetto di One Health (Salute Unica) riconosce che la salute umana è connessa con la salute degli altri animali e dell’ambiente. Il SudEst asiatico è la regione del mondo maggiormente soggetta a deforestazione (con una perdita di superficie delle foreste del 30% negli ultimi 40 anni). In più la popolazione umana è cresciuta di 130 milioni di persone tra il 2001 e il 2011 (e risulta in continuo aumento). Quindi il punto su cui focalizzarsi non è quale specie è responsabile, ma in che modo l’antropizzazione impatta sull’ecologia delle specie dando luogo a problematiche che in assenza del fattore umano non si verificherebbero?

In realtà le principali cause di epidemia sono determinate da fattori umani di tipo sociale e culturale: in primis la caccia, il commercio e il consumo di animali selvatici (in parte allevati, ma per la maggior parte catturate nel loro ambiente naturale), le scarse condizioni igienico-sanitarie dei mercati, la deforestazione e l’urbanizzazione spinta; condizioni tipiche dei paesi tropicali. Nei mercati come quelli asiatici e africani esiste una forte concentrazione e commistione innaturale di animali vivi in condizioni di forte stress. Questa convivenza forzata tra selvatici, animali dumestici ed esseri umani è determinante nella variazione dei ceppi virali che acquisiscono così la chiave giusta per entrare e diventare capaci di infettare l’uomo. Questo processo è chiamato spillover o salto di specie. L’usanza tutta umana di costituire mercati di animali vivi è da lungo tempo riconosciuta come fattore di rischio per la sanità globale.

Ricordiamoci inoltre che la vaccinazione può contribuire in parte alla genesi di nuove varianti virali incrementando la pressione immunitaria selettiva nella popolazione target o favorire eventi di ricombinazione tra virus vaccinali e selvaggi.

In natura i virus vivono in equilibrio con i loro ospiti naturali. L’essere umano è la specie che più di tutte si è dimostrata in grado di alterare profondamente gli ecosistemi. Perché dovrebbe interessarci quello che succede in altri luoghi del mondo? Si è visto con questa epidemia. A maggior ragione oggi date le possibilità di scambi e di incontri quello che succede dall’altra parte del Pianeta ha ripercussioni come un domino anche sul resto del mondo. È ora di ripensare ad una revisione ecologica globale a vantaggio di tutti.

Nel frattempo ripetiamo: diversi coronavirus noti circolano negli animali, ma non provocano patologie nell’uomo. Non risulta che il n-CoV 2019 possa essere trasmesso da animali domestici. Mentre appare chiaro che pratiche umane come la vendita e lo scambio di animali selvatici nei mercati in condizioni igienico-sanitarie   precarie   o   l’invasione   da   parte   dell’uomo   dell’ambiente   selvatico rappresentano fattori determinanti che contribuiscono ad incrementare il rischio di future epidemie.

Bibliografia:

https://gestione.izsler.it/izs_bs/allegati/5881/I%20CORONAVIRUS%20DI%20INTERESSE%20VETERINARIO_def.pdf

Bats, Coronaviruses and Deforestation: toward the emergence of novel infectious diseases? Afelt et alt., 2018

Bat and virus ecology in a dynamic world Wilkinson and Hayman, 2017

Wildlife trade and human health in Lao PDR: an assessment of the zoonotic risk in  markets. Greatorex et al, 2016

https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/faq

 

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